Quasi un secolo e mezzo dopo l’affondamento, dell’antica nave è rimasta poca cosa. Le forti mareggiate nel corso degli anni hanno disperso sul basso fondale numerosi rottami del relitto. Anche i subacquei, approfittando della modesta profondità (circa -15 metri), hanno fatto il resto. Da diversi anni, le immersioni sulla Sémillante sono state interdette dalle autorità per salvaguardare ciò che è rimasto. A ridosso delle rocce dell’Achiarinu, nell’isola di Lavezzi, scendiamo in acqua. La visibilità è ottima e grazie ai raggi del sole tutto l’ambiente risalta in una fantastica luminosità. L’immersione per la bassa profondità e l’assenza di corrente si presenta di facile portata. Paul mi fa cenno di seguirlo per indicarmi alcuni dei resti del relitto. Certo è rimasta ben poca cosa. Alcune lamiere, travi e altri oggetti della nave sono sparsi qua e là, e dopo tutti questi anni sono diventati parte integrante del fondale. Ma improvvisamente Alessandra rinviene vicino a una roccia uno strano oggetto metallico dalla forma di un bastone: altro non è che un grosso pugnale con il fodero ancora estraibile.
E poi, seminascosti nella sabbia, diversi chiodi in rame, vasellame e tanti altri oggetti appartenenti alla Sémillante. L’immersione, se non emozionante per la mancanza del relitto integro, si rivela affascinante per i numerosi reperti trovati sul fondo. Intanto in superficie il vento comincia a soffiare. L’isola di Lavezzi, completamente deserta in questo periodo, custodisce nella sua terra i corpi di quei sfortunati militari francesi; in ricordo della loro sorte, un piccolo cimitero sorge poco distante dal mare.
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